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martedì 7 febbraio 2012

L’Italia che specula sul cibo


Anche l’Italia fa la sua parte, piccola ma rilevante, nella speculazione sui generi alimentari. Land grabs e investimenti speculativi nei mercati delle materie prime sono due cause all’origine di numerosi conflitti ambientali che percorrono il sud del mondo e che, non di rado purtroppo, si trasformano anche in gravi conflitti alimentari. Infatti, anche se non tutti i conflitti ambientali si trasformano in conflitti alimentari, è generalmente vero il contrario: e cioè che ogni crisi alimentare nasce con la compartecipazione di un conflitto ambientale.
I due ambiti sono strettamente interconnessi: ad esempio, la tendenza all’accaparramento di larghi appezzamenti di terra, illand grabbing, da parte di imprese o Paesi stranieri come sta avvenendo in Africa senza regolamentazione alcuna, genera immediati conflitti ambientali con le popolazioni che ne usufruivano e scatena, sul medio termine, crisi alimentari.
Perché più terra cade nelle mani degli stranieri e meno cibo rimane per il consumo interno; più materie prime si trasformano in biocarburanti, più è difficile reperire gli alimenti locali; più aumentano i prezzi, più si specula sui mercati finanziari degli alimenti. Finché non si verificano le emergenze alimentari, che non sono affatto meno gravi che nel passato, nonostante sarebbe possibile nutrire meglio quel miliardo di persone che nel mondo soffre la fame.
Anche se l’Italia non compare nelle prime file dell’elenco dei responsabili, sempre più numerose sono le notizie circa il diffuso coinvolgimento anche delle aziende italiane nella speculazione sul cibo tramite l’acquisizione di terre fertili nel sud del mondo e la speculazione finanziaria sui mercati delle materie prime alimentari. Giulia Franchi della Campagna per una riforma della Banca Mondiale ha dichiarato al quotidiano Italia Oggi di stimare in 1,5 milioni gli ettari comprati da aziende italiane negli ultimi anni nel sud del mondo. Il fenomeno del land grabbing riguarda, infatti, anche grandi gruppi privati italiani come Eni e Benetton, Agroils e Green power attivi nel grande giro d’affari dei combustibili alternativi a quelli di origine fossile, in genere attratti dalla produzione a basso costo di agrocarburanti nel continente africano.
Secondo un rapporto pubblicato da "Action Aid" sui biocarburanti, nel 2010, il settore si è espanso rapidamente negli ultimi dieci anni anche per via degli obiettivi posti dall’Ue, e ad oggi l’Italia ne produce 2 milioni e 257 mila tonnellate l’anno. Definitivamente osteggiati dagli ambientalisti e non solo, i biocarburanti sono verdi nelle intenzioni e per nulla sostenibili nella pratica.
Secondo la ricerca “Coltivare denaro, come le banche europee e la finanza privata guadagnano dalla speculazione sul cibo e dall’accaparramento di terre”,  presentata da Friends of the Earth e da altre Ong europee, come da Campagna per una riforma della Banca Mondiale, anche due grandi banche italiane come Intesa Sanpaolo e Unicredit sono attivamente coinvolte nelle speculazioni sul cibo.
Si legge nel documento che Eurizon Capital Sgr, facente capo al gruppo Intesa Sanpaolo, gestisce ben 73 diversi fondi, molti dei quali investono in materie prime alimentari quotate in borsa. Così come Fonditalia, parte di Banca Fideuram, a sua volta in parte partecipata dal gruppo Intesa-Sanpaolo, gestisce numerosi investimenti in materie prime alimentari.
Sempre secondo il rapporto di Friends of the Earth, Unicredit investe direttamente o promuove investimenti in materie prime alimentari e accordi sulle terre, attraverso il gruppo Pioneer Investments e finanzia direttamente o indirettamente aziende che operano nel settore dell’agrobusiness nei mercati emergenti. Nel Novembre 2011, il documento riporta che Unicredit stessa ha dichiarato che la dimensione del loro coinvolgimento nei mercati dei derivati delle materie prime “coltivate” si aggira su un valore netto di 91 milioni di dollari in Pioneer S.F. - EUR Commodities e di 153 milioni in Pioneer Funds - Commodity Alpha.
C’è da stupirsi? Ovviamente no, visto che le banche e i fondi d’investimento di tutto il mondo partecipano alla speculazione sul cibo che già da qualche anno si è rivelata estremamente redditizia ed è ad oggi, non solo perfettamente legale, ma anzi completamente integrata in quell’approccio liberista all’agricoltura che ancora gode di grande influenza, nonostante i gravi danni provocati. Queste operazioni sono infatti avvenute negli anni con la sostanziale connivenza di una larga fetta di quegli operatori internazionali come la Banca Mondiale o la FAO che avrebbero dovuto difendere, e a volte addirittura creare, la sovranità alimentare dei paesi più poveri senza riuscirci.
I conflitti ambientali e alimentari generati dall’acquisto di terre in paesi stranieri si assomigliano tutti tra di loro: questo genere di massicci investimenti esteri non dimostrano attenzione per le comunità locali e le loro necessità. Di recente, l’associazione Crocevia impegnata sul tema del land grabbing ha raccontato la storia di un’azienda a partecipazione italiana, la Senathol Abe Italia, che è finita nel bel mezzo di aspre polemiche e proteste in Senegal per via della concessione da parte del consiglio rurale di 20.000 ettari di terre fertili per la coltivazione della jatropha su appezzamenti che prima erano terre comunitarie, utilizzate da tutti per i pascoli e per le attività agricole.
Attualmente, e anche per via della morte di una persona durante gli scontri, il progetto è stato sospeso, probabilmente solo per essere riproposto tra breve. Ciò non toglie che le comunità rurali necessitano di un quadro di riferimento normativo, al di là dei loro governanti, a cui appellarsi per difendere il loro utilizzo delle terre pubbliche anche quando non esistono leggi in patria. Ed è compito della comunità internazionale fornire queste indicazioni.

Inventa il sistema per risparmiare carburante ma la sua idea non interessa a nessuno in Italia


Leonardo Grieco, meccanico di lungo corso di Saltrio, in provincia di Varese, ha messo a punto un sistema che permette di dimezzare i consumi del carburante, abbattere le emissioni del 60 per cento e allungare la vita del motore di circa l'80 per cento.
Questa straordinaria innovazione si chiama Kinetic Drive System (Kds), è già stata brevettata e ha ottenuto dalla motorizzazione svizzera l’autorizzazione a essere installata sulle vetture tanto che, in un’officina del Canton Ticino è possibile far montare il Kds sulla propria auto per un costo inferiore ai 2.000 euro.
"Questa scoperta potrebbe valere metà del combustibile mondiale – spiega Leonardo Grieco – ci ho speso dieci anni di lavoro e tentativi. Soldi, tempo e impegno. Nessuno ha però voluto darci retta. Nessuno ha voluto vederlo e capirne il funzionamento. Abbiamo scritto alle case automobilistiche di tutto il pianeta: aMarchionne, a Montezemolo, negli Stati Uniti, in Corea, dappertutto. Abbiamo speso un capitale in lettere e raccomandate. Le risposte che ci sono arrivate sono tutte uguali. Hanno tutte lo stesso desolante tenore, ne ho un cassetto pieno".
Le risposte negative della principali case automobilistiche hanno costretto il signor Grieco a rivolgersi alla motorizzazione del Canton Ticino, che ha testato il sistema concedendo tutte le autorizzazioni necessarie per il montaggio del dispositivo sulle autovetture: "Una cosa simile in Italia, con tutta la burocrazia, sarebbe impossibile", ha commentato Grieco.
Ma nella pratica, come funziona il Kds? A spiegarlo ci pensa il suo inventore:
"Una volta accelerata la massa, la macchina resta su un numero di giri ottimale e ad ogni cambio di marcia, grazie a questo sistema, si risparmiano 700 giri motore. Infatti, mentre normalmente si scende al minimo di giri, qui si utilizza il motore soltanto quando dà la coppia migliore, fra i 1700 e i 2300 giri. Praticamente, a parte lo spunto iniziale, la macchina viaggia quasi sempre a basso regime, basta dare un colpo di gas ogni tanto e ci si mantiene a velocità di crociera. Il pedale della frizione non c’è e per cambiare si usa solo la mano"

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domenica 8 gennaio 2012

LE MULTINAZIONALI CHE CONTROLLANO IL MONDO





Un pugno di società controlla il mondo

Ecco la rete globale del potere finanziario

Una ricerca svizzera traccia il quadro delle relazioni tra grandi gruppi: meno di 150 multinazionali dettano le regole del mercato e strozzano la concorrenza: "Controllo sproporzionato, si rischiano ripercussioni disastrose". Unicredit nella top 50

Una cravatta il cui nodo è costituito da un nucleo piccolo ma solido di aziende che, dettando le regole, strozzano la concorrenza e gli Stati. Una rete di controllo di banche e multinazionali che tiene sotto scacco i mercati influenzandone la stabilità. E' l'immagine, colorita ma efficace, che emerge da una ricerca dell'Istituto Federale Svizzero di Tecnologia di Zurigo dal titolo "La rete globale del controllo societario" secondo cui 147 imprese nel mondo sono in grado di controllare il 40% di tutto il potere finanziario.

Lo studio, pubblicato da New Scientist, prende in esame  le connessioni fra 43.060 multinazionali evidenziando un piccolo gruppo di 1.318 società transnazionali (la cui punta di diamante sono proprio le 147) che esercita un potere enorme, "sproporzionato" lo definiscono i relatori, sull'economia globale. Goldman Sachs, Barclays Bank e JPMorgan sono solo alcuni dei nomi delle corporation, quasi tutte finanziarie, che figurano ai primi 20 posti della "mappa del tesoro". 

Ma non si tratta della solita tesi complottistica utilizzata dagli analisti per spiegare il saliscendi di titoli che, più che seguire una logica, sembrano obbedire ai comandi della mano di un burattinaio. In questo caso ci troviamo di fronte ad un'analisi che non concede nulla alla speculazione e agli schemi ideologici, ma si basa esclusivamente su dati statistici. Lo studio, infatti, intreccia modelli matematici con un database delle aziende mondiali (Orbis 2007) ricostruendo reti di relazioni e partecipazione che costituiscono nodi di potere sui mercati globali, senza essere frutto di accordi sottobanco.

I tre autori (Stefania Vitali, James B. Glattfelder e Stefano Battiston)  infatti hanno precisato che tali collegamenti tra compagnie, in una prima fase di crescita economica, possono risultare vantaggiosi per la stabilità dell'intero sistema. In tempi di crisi come quelli che stiamo attraversando, però, queste correlazioni potrebbero risultare molto pericolose perché, come in tutte le concentrazioni di potere, il collasso di una compagnia può avere ripercussioni disastrose sul resto dell'economia del pianeta. 

"Quali sono le implicazioni per la stabilità mondiale?", si chiedono gli autori. "Si sa che le istituzioni costituiscono contratti finanziari, con diverse altre istituzioni. Questo permette loro di diversificare il rischio, ma, allo stesso tempo, li espone al contagio. In una situazione così interrelata, connotata da forti rapporti di proprietà, perciò il rischio di una contaminazione a catena è dietro l'angolo".

Per quanto riguarda l'Italia, oltre a Unicredito Italiano Spa tra i primi 50 gruppi di controllo, lo studio effettua uno screening della struttura del gruppo Benetton (GUARDA ) che mostra le diramazioni del controllo della capogruppo alle subsidiaries, alle consociate a livello 

internazionale.


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Ron Paul: “Un giorno saremo tutti austriaci!”

Premesso che la scelta del presidente americano ha ormai una importanza molto relativa nel determinare il cammino futuro della nazione – come accade anche per i nostri governi europei – è sempre interessante osservare il processo elettorale, nel quale la gente esprime comunque con passione le proprie idee e le proprie aspettative nella scelta del candidato “ideale” da mandare alla Casa Bianca.

In questa luce non può passare inosservato il fatto che Ron Paul, il candidato “libertarian” per antonomasia, stia portando un notevole scompiglio nelle primarie repubblicane, iniziate qualche giorno fa (Vedi nota in coda sul meccanismo elettorale in USA).


Già nel luglio scorso avevamo segnalato il suo potenziale dirompente, in una situazione dove sempre più persone cominciano a capire che l’unico modo di risolvere i problemi sia quello di demolire alla radice l’attuale sistema monetario, che controlla di fatto nazioni intere tramite il meccanismo del debito infinito.

Essendo l’unico che ha sempre sostenuto la necessità di abolire prima di tutto la Federal Reserve – organismo attorno a cui ruota tutto il sistema monetario attuale - Ron Paul si trova già in posizione ideale per raccogliere i voti di tutti coloro che prima o poi arrivassero alle sue stesse conclusioni. Purtroppo per Paul le sue posizioni estreme nella politica sociale (ognuno per sè, e tanti auguri a tutti gli altri), lo rendono inaccettabile agli occhi dei progressisti e dei liberal, mentre il suo isolazionismo categorico (tutti i militari subito a casa, che Israele si arrangi da solo, noi non aiutiamo più nessuno) lo rendono improponibile all’establishment tout-court.

Nonostante questo Ron Paul è riuscito a raccogliere un consenso eccezionale fra gli elettori repubblicani nella prima tornata dell’Iowa, …




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Sopa: la legge antipirati che tutta Internet non vuole



Tempi duri per i cyberpirati e in generale per chiunque viola le leggi del copyrigh: il Sopa (Stop on line Piracy Act), la nuova regolamentazione americana ora in discussione al Senato negli Usa, punta a eliminare una volta per tutte la piratreia on line. E’ stata promossa dalle majors di Hollywood e dall’industria discografica. Ma chi la critica non sono solo rivoluzionari alternativi, docenti unversitari, informatici: i giganti di Internet, vale a dire You Tube, Facebook, Google, Twitter, Amazon, PayPal, Wikipedia, hanno promesso infatti un blocco totale dei loro siti nel caso la legge venga approvata.
Persino il parlamento europeo si è espresso negativamente.
In pratica il Sopa obbliga motori di ricerca, provider e servizi di pagamento a tagliare tutti i ponti con i siti che violano il copyright. I siti colpevoli , ma anche quelli solo sospettati,verrebbero oscurati, verrebbe bloccato il traffico commerciale che da essi dipende, verrebbero eliminati i loro link dai motori di ricerca. L’agenzia di pubblicità GroupM, ma anche Warner Bros, Universal Music e Paramount hanno addirittura promosso la compilazione di liste nere di siti che violano il copyright nelle quali sono finiti siti assolutamente legali come Internet Archive , uno strumento molto utile per chi utilizza la rete, ma anche Lo streaming non autorizzato di materiale sotto copyright diventa un crimine, infligge il carcere per cinque anni, ma prevede l’immunità per i provider che agiscono volontariamente contro i siti da loro ospitati. E sono in molti a ritenere che si tratti di misure che potrebbero portare al blocco della rete.
Sono molti infatti anche 
i dubbi che riguardano l’effettiva efficacia delle misure imposte dal Sopa.
The long tail of P2P , un rapporto pubblicato nel 2009 dalla Prs for Music, una società che protegge i diritti di milioni di brani musicali in Inghilterra, ha però presentato conclusioni sorprendenti: i file sharing non causano danni, ma rendono invece gli artisti ancora più famosi. I “canali pirata” dunque sono paragonabili a canali pubblicitari. The long tail, la coda lunga, è una teoria presentata la prima volta nel 2004, secondo la quale quando i costi di produzione scendono (come in questo momento) è meglio moltiplicare le offerte anche se si vendono pochi volumi per ciascuna e non, come si è fatto finora, puntare su un unico prodotto di massa per venderlo in milioni di copie.
Non solo: le nuove economie imposte dalla rete, se utilizzate con sapienza e non puntando ai divieti, posso rendere molto. Un esempio interessante è quello di Trent Reznor. Reznor mette a disposizione in
Tra l’altro Internet ha permesso in molte altre occasioni di aggirare gli ostacoli. Il blocco dei Dns previsto dal Sopa, può essere evitato appoggiandosi altrove. Una operazione che ovviamente non farà l’utente privato, con pochi mezzi, ovvero quello che non potrebbe comunque danneggiare il mercato, e che aveva violato il copyright spontaneamente, mentre sarebbe facilmente utilizzata da chi ha effettive intenzioni di violare la legge. In compenso il blocco dei Dns, secondo Open Dns , un servisio che offre Dns e fornisce sistemi per la sicurezza, renderebbe gli utenti meno sicuri e frammenterebbe Internet, rendendo dunque la rete meno rete.
Infine, negli Stati Uniti, viene fatto notare i metodi di controllo imposti dal Sopa, assomigliano molto a quelli adottati dalla Cina nel suo Great firewall, e preoccupa il fatto che usando misure simili non sarà più possibile protestare contro misure che bloccano la libertà di informazione da parte di regimi repressivi.

mercoledì 4 gennaio 2012

Il HPV provoca cancro anche in assenza di penetrazione





Le cifre sono davvero allarmanti: si stima che la metà degli uomini e donne che hanno rapporti sessuali negli Stati Uniti si infettano con il Virus del Papilloma Umano (HPV) almeno una volta nella loro vita. Inoltre, attualmente 20 milioni di persone negli Usa sono portatori del virus, e circa altri 6 milioni si infettano ogni anno (il 74% tra i 15 e i 24 anni).
L’infezione col HPV è diventata la malattia a trasmissione sessuale più comune negli Stati Uniti, e tradizionalmente è stato associato nelle donne allo sviluppo di verruche genitalicancro del collo dell’utero, della vulva e della vagina. Tuttavia, molti studi scientifici segnalano un notevole incremento nel numero diuomini che sviluppano cancro dell’ano, del pene e gola associati al HPV.
Negli Stati Uniti in particolare, molte persone si presentano ai centri di salute quando il cancro è ormai nelle fase avanzate; così, non ricevono il trattamento a tempo e rischiano la morte. Secondo gli esperti, uno dei principali motivi per cui l’infezione per HPV sta crescendo negli uomini è la mancanza di informazioneriguardo la prevenzione e identificazione precoce dell’infezione.

COME SI TRASMETTE L’HPV?

Molte persone non sono consapevoli che questo virus si trasmette con il semplice contatto della pelle. Non c’è bisogno che vi sia penetrazione nella vagina o ano, o scambio di fluidi (sangue o seme) come nel casodell’AIDS. Il HPV invece si trasmette con il contatto genitale a genitale o genitale-orale. Inoltre, non occorrono lesioni di verruche o la presenza del virus herpes perché accada l’infezione. Nella gran parte dei casi, non vi è assolutamente nessun sintomo.
In molte persone infette, il virus se ne andrà dal solo, ma in altri casi rimarrà nei tessuti per sempre senza manifestarsi. È per questo che esistono tanti portatori, specialmente uomini, che non lo sanno, e trasmettono l’infezione.

MANCANZA D’INFORMAZIONE TRA GLI UOMINI

Un’indagine pubblicata nel Journal of Behavioral Medicine nel 2010, indica che l’80% degli uomini intervistati negli Stati Uniti non conosceva le verruche associate al HPV. Il 90% ignorava l’esistenza del cancro orale, e il 94% del cancro anale causato dal HPV.

Questa mancanza d’informazione tra gli uomini potrebbe essere uno dei motivi per il quale si è verificato l’incremento negli ultimi anni di casi di cancro orofaringeo (bocca, gola e collo).
Secondo uno studio dall’Istituto Nazionale di Cancro degli Stati Uniti, il numero di uomini con cancro orale positivo al HPV crescerà di un 30% fino al 2020, superando le cifre di cancro del collo dell’utero nelle donne, le quali si spera scenderanno grazie agli esami precoci quali il Pap e la vaccinazione.
Secondo il Centro per il Controllo e la Prevenzione di Malattie, l’aumento nei casi di cancro orale potrebbe anche essere causato da un cambio nei comportamenti sessuali: aumento del sesso orale, inizio precoce della vita sessuale e maggior numero di coppie.
Perciò, coloro che hanno una vita sessualmente attiva devono fare molta attenzione e prendere certe misure quali l’uso del preservativo.

Treni, razzismo ad Alta velocità




Ma sì, in fondo è solo pubblicità, non facciamone un dramma. Si sa come sono i creativi, a volte più ispirati, a volte invece sono loro a ispirare una rima quasi baciata.
Come nel caso della campagna di marketing per il Frecciarossa (leggi anche l'articolo pubblicato su Economiaweb.it), il famoso treno che - tanto per scialare in formule precotte - ci mette al passo col resto del mondo, anche se ogni tanto il passo sembra segnarlo: ma così, roba da poco, come quella volta che, il 5 febbraio dell'anno scorso, in 400 rimasero fermi sulle rotaie di Lodi per due ore, finché un altro convoglio non arrivò pietosamente a salvarli.
O l'altra volta, a Firenze, nel mese di settembre, quando tutti i passeggeri rimasero imprigionati per un guasto alla rete elettrica per più d'un'ora, in un incubo a metà tra l'incazzato e il paranoico. Che vuoi che sia, l'importante è che Frecciarossa sia il treno dei vip, dei manager e, volendo, anche della gente comune, basta che ciascuno stia al suo posto.
SEGREGATI IN CARROZZA. Recita infatti la brochure del supertreno: «Per un viaggio con la velocità, la sicurezza e le dotazioni tecnologiche del Frecciarossa a prezzi competitivi. Ai clienti del livello Standard non è consentito l’accesso alle carrozze Premium, Business e Executive». Praticamente quelli standard sono viaggiatori operai, equiparati ai pendolari e agli extracomunitari.
E lo avevamo capito, che le classi erano abolite in luogo delle nuove dizioni manageriali chiamate premium, business, executive, col linguaggio vagamente imbonitorio delle pay tivù. Però che una simile neolingua nascondesse insidie classiste più che coi famigerati numerini, questo no, non l'avevamo considerato.

Standard, Premium, Business ed Executive: a ogni posto la sua classe sociale

Ma fosse solo questo: il divieto della promiscuità in compartimenti diversi (e vagamente stagni), ci potrebbe anche stare: Dio solo lo sa il casino che è sempre successo (e continua a scoppiare) nei treni normali, i vecchi sudici Intercity dove la prenotazione è un'opinione, chi prima arriva meglio alloggia e poi per farlo sloggiare ci vuole un duello all'arma bianca.
Italiani siamo, c'è tutta una consolidata casistica che conferma quanto i viaggiatori considerino il treno «non» come casa propria: nel senso che non si permetterebbero mai comportamenti così osceni e devastanti.
Quindi, se sul Frecciarossa, treno manageriale, dove si possono incontrare cantanti, giornalisti, politici e banchieri, s'impone un minimo di ordine, non è questa gran tragedia.
Il guaio è che il tono aspro, draconiano, non sembra così casuale, ricorda piuttosto un lapsus alla luce delle immagini che corredano il soffietto pubblicitario. Perché quelle sì che illustrano come meglio non si potrebbe (si fa per dire) le chiare intenzioni dell'azienda. Chiare, proprio così.
A scendere, l'executive class effigia un paio di Cav. Gran. Comm. Lup. Mann., insomma direttori galattici. A scendere, la business è (chissà perché) vuota.
La premium trasporta a sua volta un paio di personaggi meno in vista, ma comunque di potere, di medio comando, a giudicare da come vengono serviti e riveriti dalla hostess: diciamo due direttori laterali, insomma.
Ma la vera libidine, il dulcis di Trenitalia, sta proprio in fundo, nella standard class: e qui si vede un'allegra famiglia di colore, sorridono di denti bianchissimi, puro avorio, si vede che sono felici di essersi integrati in Italia: senza esagerare, però, la classe ferroviaria va pur sempre rispettata e allora il messaggio di cui sopra, che i passeggeri non possono miscelarsi, a questo punto assume sfumature lievemente sinistre.
CAMPAGNA GROTTESCA. Che, ne siamo certi, non rivestono in alcun modo le intenzioni di chi ha partorito una simile campagna: geniale se l'avessimo vista in un film grottesco di Fantozzi, sconcertante (e deprimente) in una comunicazione istituzionale. Fortuna che le “class” del Frecciarossa si fermano lì: non osiamo immaginare che cos'altro avrebbe riservato la brochure, magari un carro bestiame.
Per dirla tutta, non è razzismo: è una cavolata, ma di quelle grosse. Ah, se lo sapesse George Jefferson, l'irresistibile lavandaio del telefilm degli Anni '80: già ci sembra di sentirlo tuonare: «Chi è il biancaccio che ha concepito una campagna così stupida???». Speriamo che rimedino, magari proponendo anche un Freccianera.